Cos’è la statistica? Io la vedo come una logica in cui i valori di verità sono più grandi del solito vero/falso per cui si può dire “questo evento succede una volta su due”. In questo senso la “verità” assoluta difficilmente esiste.

Quindi lo strumento statistico si può dire essere “debole”, in quanto specifica i diversi gradi di incertezza di un certo evento. E’ sensato accettare questa debolezza nella scienza? Ci sono diverse possibilità plausibili:

  1. Il fenomeno sotto studio è probabilistico: se studio il flusso del traffico cittadino o il meteo, ad esempio, devo scendere a patti con la loro intrinseca caoticità
  2. Il fenomeno sotto studio non è direttamente osservabile: se studio il funzionamento della cellula non riesco a vedere le proteine in azione e quindi devo studiarle indirettamente.
  3. Il fenomeno sotto studio è di difficile comprensione: la spiegazione che fornisco non è creduta da chi mi ascolta che necessita prove empiriche forti.

Riguardo al secondo punto: se so che un concime chimico uccide un’ape e che l’ape lo ha ingerito e che il giorno dopo l’ingestione è morta non sono veramente autorizzato a dire che l’ape è morta a causa del concime chimico, perché magari è morta per altre cause (magari si è dimenticata di respirare…). Se invece muore una popolazione di api sono statisticamente autorizzato ad accettare la soluzione più plausibile al problema.

Riguardo al terzo punto: mi vogliono far credere che l’omeopatia/l’agopuntura funzionino. Mi danno delle spiegazioni storico-filosofico-energetiche-karmike a cui non riesco proprio a credere. Inoltre mi raccontano degli aneddoti in cui la cura ha funzionato. Ecco, la statistica è l’unico modo per uscire dall’anedottica.